Open Format

Anche la Pubblica Amministrazione ha compreso l'importanza e l'utilità delle tecnologie informatiche e ha incluso internet tra i mezzi di diffusione dei propri documenti. Ciò rappresenta una grossa novità in quanto avvicina l'utente alla struttura burocratica per eccellenza rendendo disponibile documentazione in tempo reale (problemi tecnici permettendo). E non è tutto, con l'introduzione della firma digitale è possibile azzerare, o almeno ridurre, le code per la produzione di certificati e per i pagamenti.

La Pubblica Amministrazione riuscirà finalmente ad essere più amichevole con gli utenti ? Personalmente credo che la risposta sia contemporaneamente sì e no. Sì nel senso che se si riuscirà a compiere la modernizzazione dell'apparato statale tramite l'uso delle tecnologie informatiche si potranno ottenere dei benefici soprattutto nei tempi di risposta. No perchè vi sono 3 grossi problemi che la P.A. deve affrontare:



L'utilizzo di tecnologie proprietarie è un argomento talmente vasto che richiederebbe parecchio tempo per essere discusso; il mio obiettivo è quello di concentrare il discorso sul formato dei file e sugli stili da applicare per la creazione di un sito web. Se una delle funzioni della P.A. è quella di garantire la massima  diffusione dei propri documenti, l'utilizzo di formati proprietari è sicuramente controproducente. Prendiamo in considerazione l'ateneo di Bologna e supponiamo di essere interessati a partecipare ad un concorso pubblico: quello che bisogna fare è effettuare il download del bando, stamparlo, compilarlo e recapitarlo all'apposito ufficio (uff. concorsi) entro i termini di scandenza. Se il formato del file, che è prodotto tramite il programma Tizio, non è standard e non è nemmeno documentato, quello che succede è che si obbliga l'utente ad essere dotato del programma Tizio (o almeno un lettore per questo tipo di file). E non è tutto. Supponiamo che la ditta che produce il programma Tizio adotti una politica di marketing particolarmente aggressiva tale che i formati dei file fra una versione e l'altra cambino; la conseguenza di ciò è che si costringe l'utente a possedere anche la versione del programma compatibile con il file presente sul sito. Se a questo aggiungiamo che solitamente nei siti dell'ateneo circolano file prodotti con programmi proprietari dell'ultima generazione il gioco è fatto: addio semplicità e massima diffusione delle informazioni. Solo gli utenti dotati di hardware e software dell'ultima generazione possono effettuare il download dei documenti in maniera agevole. Ho detto in maniera agevole perchè solitamente è possibile tramite qualche stratagemma dotare anche i vecchi computer di lettori di file proprietari dell'ultima generazione, ma in questo modo si perde la semplicità di accesso alle informazioni. Non tutti gli utenti sono dei tecnici informatici, anzi.....

A questo punto qualcuno potrebbe dire che se si usano file in formato proprietario prodotti da appositi programmi si possono ottenere dei vantaggi notevoli come la produzione sul web di documenti complessi in poco spazio (tramite algoritmi di compressione). Questo effettivamente è vero, tool come l'onnipresente Microsoft Office registrano informazioni nei file in formato binario che consentono di risparmiare spazio rispetto ai formati più propriamente "descrittivi" come HTML e/o XML.
Ciò potrebbe essere un bene, se però il formato dei file proprietari fosse documentato; in questo modo sarebbe facile per dei programmatori creare degli appositi lettori senza rendere necessario acquistare il pacchetto software che consente di produrre questi particolari documenti (è il caso dei file PDF, formato ben documentato, corredato dell'onnipresente Acrobat Reader).
Purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi non è così, i formati dei file utilizzati all'interno dei web dell'ateneo di Bologna sono quelli di Microsoft Office, notoriamente non documentati. Al loro interno inoltre sono nascoste informazioni riservate che non avrebbero ragione di essere, come ad esempio l'indirizzo MAC della scheda di rete, rendendo così potenzialmente rintracciabile l'autore del documento. Anche con la firma digitale si associa un documento univocamente ad uno o più autori, ma questo procedimento non avviene all'insaputa degli utenti. Questa violazione della privacy è doppiamente grave all'interno della P.A., gli enti pubblici sono detentori di dati sensibili che riguardano tutti e non dovrebbero consentire "fughe di notizie". Benissimo, dirà qualcuno, studiamo in maniera approfondita il formato dei file proprietari e scriviamo un lettore "pulito". Purtroppo non si può, in questo caso saremmo di fronte ad un'operazione di tipo "reverse engineering", vietata dalla legge (le multinazionali sono tutto tranne che stupide).
Il discorso non è limitato ai soli formati dei file, ma anche alle caratteristiche dei siti web, come ad esempio i cookies. Essi sono utilizzati per memorizzare informazioni di stato sull'hard disk dell'utente-navigatore (il protocollo HTTP è state-less). Fino a qui niente di grave, è sempre possibile disabilitare i cookies tramite le opzioni dei vari browser; quello che invece è inamissibile è che esistano siti che sono inaccessibili senza l'attivazione dei cookies. Gli utenti in questo caso dovrebbero protestare vivacemente, anche in questo caso si tratta di una violazione dell propria privacy (quella del proprio hard disk). Forse sono troppo paranoico ? Forse, ma le informazioni di navigazione che permettono di creare un profilo-utente, dal punto di vista dei gusti di un consumatore, hanno generato un mercato di parecchi miliardi. Un esempio ? Le connessioni ad Internet gratuite. Tutte quante, al momento dell'accettazione del contratto fanno sottoscrivere la clausola relativa alla legge 675/96, quella della privacy. Quello che non è chiaro è che cosa succede accettando questi contratti. La prima domanda che mi sono posto è la seguente: "come fanno a guadagnarci" ? Una prima risposta mi è arrivata leggendo qualche contratto che diceva che come scotto per la navigazione gratuita c'era quello di accettare pubblicità personalizzata. Personalizzata ? Allora questo vuol dire che esiste un sistema che effettua il logging dei siti visitati e tramite alcuni giochetti di data mining è in grado di creare un profilo-utente. Siamo potenzialmente tutti a rischio di schedatura ? Sicuramente gli utenti più sprovveduti sì.
Tornando ai nostri siti web, un'altra cosa che vorrei evidenziare è la possibilità di consultazione anche da parte degli utenti dotati di connessioni lente, come ad esempio i vecchi modem 14.4. A volte mi è capitato di accedere a siti web molto belli graficamente, ma "pesantissimi" dal punto di vista del caricamento, e se non è offerta la possibilità di accedere ad una versione semplificata del sito (in solo testo ad esempio) si obbliga l'utente a rimanere collegato per molto tempo anche solo per accedere ad un semplice documento. Inoltre il sito dovrebbe essere immediatamente accessibile senza dovere essere costretti ad effettuare il download di diversi plugin, anche se gratuiti. Ciò imporrebbe alla P.A. di non essere perfettamente aggiornata con gli ultimi standard tecnologici per la produzione di pagine web, un prezzo che vale la pena di pagare poichè la P.A. opera in regime di monopolio e non è obbligata a competere con altre realtà industriali.
In Francia il governo ha diramato una direttiva piuttosto completa che stabilisce come deve essere lo stile dei siti web dei ministeri imponendo la "leggerezza" delle pagine in modo da rendere le informazioni usufruibili ina maniera immediata da tutti. All'interno dell'ateneo di Bologna non esiste nulla del genere e non credo nemmeno all'interno dei ministeri, almeno io non ne ho mai sentito parlare.



A questo punto viene da chiedersi perchè la P.A. non è in grado o non vuole seguire questi consigli. Il grosso problema sorto in questi ultimi anni segnati dalla rivoluzione-internet è quello della mancanza di personale qualificato. Inizialmente si era pensato di operare tramite politiche di outsourcing appaltando ad imprese esterne la gestione informatica di uno o più enti. L'outsourcing, particolarmente di moda in questi ultimi anni, in virtù dell'avvento delle cosiddette imprese "a rete", delle fabbriche integrate, del Just in Time. Esso è suffragato da studi teorici di organizzazione aziendale, ma non si adatta alla realtà di un ente pubblico secondo me. Come già detto in precedenza le varie amministrazioni dello stato trattano dati sensibili e come tali devono essere protetti da accessi non autorizzati. Ora, se si adotta una politica di outsourcing si rendono potenzialmente disponibili questi dati ad un soggetto privato. E' vero che si possono stipulare contratti vincolanti sull'accesso e uso di questi dati, ma rimanendo il problema della carenza di personale specializzato all'interno della P.A. non si può essere sicuri sulla buona definizione e rispetto di questi contratti. Personalmente sono a favore di soluzioni "fatte in casa", cioè il nucleo delle funzioni di un ente pubblico deve essere gestito da personale interno e solo le funzioni periferiche o particolarmente ripetitive possono essere appaltate all'esterno.
Dando un'occhiata alle Gazzette Ufficiali degli ultimi tempi è possibile scorgere un gran numero di concorsi per tecnici informatici laureati, evidentemente in P.A. ci si è accorti è necessario assumere personale qualificato per gestire le infrastrutture informatiche. Tali assuzioni, dal mio punto di vista dell'ateneo di Bologna, sono ancora numericamente insufficienti per cui probabilmente bisognerà convivere ancora per qualche tempo con probabili disfunzioni dei servizi informatici della P.A.


L'ultimo problema rimane quello della flessibilità, necessaria per chi svolge come il sottoscritto il lavoro di amministratore di rete. La P.A. solitamente è definita come una burocrazia meccanica dove il lavoro è standardizzato e formalizzato dalla a alla zeta in modo da ottenere efficienza nell'esecuzione delle procedure, a scapito però della flessibilità. Questa standardizzazione è stata resa necessaria anche per garantire i dipendenti dagli abusi dei propri superiori; il dipendente che si attiene al regolamento praticamente ha sempre ragione. Essere però troppo ligi al regolamento e al mansionario ha originato alcuni problemi. Chi non ha mai sentito le classiche frasi: "Non è di mia competenza" oppure "Non è contemplato dal regolamento" ?

L'eccessiva standardizzazione/formalizzazione delle mansioni mal si adatta alle persone che in una organizzazione svolgono un lavoro orientato alla risoluzione di problemi e alla garanzia della continuità del servizio. Tali persone tendono a coincidere con i tecnici (tra cui la categoria degli informatici), i quali non desiderano doversi attenere ad un particolare regolamento per il raggiungimento di obiettivi. Esse solitamente sono soggette a regole generali, nel loro caso non sono standardizzate le procedure che consentono di raggiungere un obiettivo. Questo rappresenta un vantaggio perchè il lavoro diventa più creativo e meno alienante, ma da un altro punto di vista esso mal si adatta ad una struttura fortemente sclerotizzata. Uno dei rischi ricorrenti nelle organizzazioni di questo tipo è che nelle cosiddette "aree grigie decisionali", cioè nelle situazioni in cui dal regolamento non si può edurre chi è la persona che deve prendere la decisione, la responsabilità venga delegata a colui che è più flessibile e le cui mansioni sono meno formalizzate. Dal mio punto di vista andrebbero fatti dei grossi cambiamenti dal punto di vista organizzativo nelle strutture delle amministrazioni pubbliche, ma sono sicuro che ci vorrà del tempo; attualmente al "ponte di comando" è presente la generazione dei dirigenti "pre-Internet" e non sempre sono in grado di percepire i cambiamenti che le nuove tecnologie stanno portando e porteranno.